lunedì 22 febbraio 2010

sulle tracce di robert walser

la gloria postuma vale quanto stima e affetto autentici maturati in vita? la domanda è destinata a rimanere senza risposta visto che, essendoci di mezzo la morte, nessuno potrà mai avere a disposizione una controprova. sta di fatto che non mancano esempi illustri di scrittori apprezzati soprattutto post mortem, vedi giuseppe tomasi di lampedusa (il cui “gattopardo” rifiutato in un primo tempo dall'einaudi, venne pubblicato da feltrinelli dopo la morte dell'autore vincendo anche il premio strega) o, per spostarci più a ovest, fernando pessoa (il cui “baule pieno di gente” ci ha lasciato un patrimonio letterario tutto da scoprire).
robert walser, scrittore svizzero di lingua tedesca morto nel 1956, è un altro caso di scarsa considerazione acquisita in vita, a cui va aggiunta una tuttora flebile notorietà anche post mortem (specialmente nel nostro paese). non è un caso forse che a patire il “male oscuro” dell'indifferenza altrui sia chi si professa già di per sè un inguaribile solitario. scrive tomasi di lampedusa: “ero un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva di più stare con le cose che con le persone». scrive pessoa: “amare è stancarsi di essere soli: è dunque una vigliaccheria e un tradimento verso noi stessi”. e che dire della personalità altrettanto contrastata di franz kafka?
tornando a robert walser, il suo credito è al momento più alto di quello di tanti altri perchè la riscossione è lenta e faraginosa. in vita walser ha sofferto di forti crisi depressive e dopo aver trascorso diverso tempo in un ospedale psichiatrico affermò: “sono qui per fare il matto, non per scrivere”. sentenza che nella sua amara provocazione ricorda per certi versi la “gioia del declassato” declamata da kafka.
il corpo di robert walser venne trovato senza vita assiderato in un campo. forse è ora che alla sua arte sia reso il merito dovuto.


giovedì 18 febbraio 2010

saramago, dopo il quaderno il diario

amaro, ironico, irriverente. alla fine di febbraio sarà in libreria il nuovo libro del premio nobel per la letteratura josè saramago: “quaderni di lanzarote”. si tratta di una raccolta di scritti, anzi un vero e proprio diario redatto su un'isola delle canarie,lanzarote appunto, nella quale lo scrittore portoghese si è rifugiato dopo le aspre polemiche seguite alla pubblicazione nel 1993 de “il vangelo secondo gesù cristo”. l'einaudi torna ad accogliere il romanziere dopo lo scandalo de “il quaderno” rifiutato dalla stessa casa editrice (e pubblicato nel nostro paese da bollati boringhieri) perchè contenente attacchi precisi all'indirizzo del presidente del consiglio italiano che nell'editoria, è noto, ha più di un interesse.
in attesa di sfogliare le pagine del nuovo lavoro che, si legge nelle anticipazioni, raccoglie pensieri e impressioni di saramago sulla propria vita a tutto tondo (quindi la letteratura e gli affetti) ma anche sulle vicende di carattere mondiale, ci aspettiamo una nuova carrellata di sferzate in punta di penna, ma anche passi di autentica poesia in prosa come questo: «scrivere un diario è come guardarsi in uno specchio di fiducia, addestrato a trasformare in bellezza il semplice bell'aspetto o, nel peggiore dei casi, a rendere sopportabile la bruttezza massima. nessuno scrive un diario per dire chi è. in altre parole, un diario è un romanzo con un personaggio solo».

sabato 13 febbraio 2010

horror vacui

paura del vuoto. paura di questo spazio disadorno che vuole riempirsi di parole, impressioni, suggestioni. il mondo della letteratura in primis, quell'altare di carta, parafrasando franz kafka, a cui si immola volentieri ogni scrittore o aspirante tale. letteratura come lettura, letteratura come scrittura. leggere per scrivere. scrivere per pensare e lasciare una traccia.
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