robert walser, scrittore svizzero di lingua tedesca morto nel 1956, è un altro caso di scarsa considerazione acquisita in vita, a cui va aggiunta una tuttora flebile notorietà anche post mortem (specialmente nel nostro paese). non è un caso forse che a patire il “male oscuro” dell'indifferenza altrui sia chi si professa già di per sè un inguaribile solitario. scrive tomasi di lampedusa: “ero un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva di più stare con le cose che con le persone». scrive pessoa: “amare è stancarsi di essere soli: è dunque una vigliaccheria e un tradimento verso noi stessi”. e che dire della personalità altrettanto contrastata di franz kafka?
tornando a robert walser, il suo credito è al momento più alto di quello di tanti altri perchè la riscossione è lenta e faraginosa. in vita walser ha sofferto di forti crisi depressive e dopo aver trascorso diverso tempo in un ospedale psichiatrico affermò: “sono qui per fare il matto, non per scrivere”. sentenza che nella sua amara provocazione ricorda per certi versi la “gioia del declassato” declamata da kafka.
il corpo di robert walser venne trovato senza vita assiderato in un campo. forse è ora che alla sua arte sia reso il merito dovuto.